Patrizia Biaducci - Diartedialogando - Copyright ©️ Tutti i diritti riservati


martedì 26 giugno 2012

Spleen

Gustav Klimt by nezart design
I greci lo consideravano una malattia del fegato, della bile per la precisione e "spleen" è la traduzione inglese. I francesi lo temevano, era il malessere che generava totale insoddisfazione e "inettitudine" e Charles Baudelaire ne fu il poeta per elezione. Rileggendo ora "I FIORI DEL MALE", all'epoca ostacolato e dibattuto perchè ritenuto immorale, notiamo che quel malessere è sempre uguale, oggi come allora. Baudelaire non pose limiti alla sua esistenza indagando "i segreti della coscienza, la vita con il suo male, l'amore e la disillusione, il peccato e il rimorso" (ndr). In seguito pubblicò anche "LO SPLEEN DI PARIGI".
Per noi italiani spleen è tristezza, depressione. Secondo i tedeschi è un dramma esserne sopraffatti, va estirpato. In tutti i casi è una manifestazione di profondo disagio esistenziale. E gl'inglesi che pensano? Hanno sempre elogiato lo spleen e Oscar Wilde l'ha celebrato nel romanzo "IL RITRATTO DI DORIAN GRAY" conferendo al personaggio dandy, snob e cinico, una sofisticata inclinazione allo spleen quasi fosse privilegio di pochi. Goethe, ne "I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER" ha anticipato quel malessere, tipico del '900, versando fiumi di malinconia e all'epoca in Germania, il romanzo fu ritirato per contenere l'ondata di suicidi che seguirono alla sua lettura. Lo spleen è romantico, è un segreto ed intimo sentimento, una ricerca sul senso profondo dell'esistenza. Una sorta di autocompiaciuta malinconia che genera dubbi ed apprensioni "utili" alla riflessione e alla creatività sublimata dalla sofferenza e dalla nostalgia. Sandor Marai nel suo romanzo autobiografico "CONFESSIONI DI UN BORGHESE" riconosceva una qualità rara di sua moglie: "Sapeva rispettare i miei spleen"...e non faceva domande. Un tempo lo spleen si spiegava così: "mal di vivere". Molto diverso dalla comune depressione.